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di Francesco Fontana

 

     Un oratorio del seicento     

 L'itinerario che conduce alla chiesetta di Santa Maria del Carmine è breve e piacevole; si percorre il marciapiede che inizia subito dietro il Monumento Marzotto e si fiancheggia in lieve salita per un buon tratto la stretta via del Crimine. Splendidi pini, cedri, tigli formano una cortina continua e la isolano nel silenzio.       

Il piccolo edificio come indica la lapide posta sopra la porta d’ingresso è stato costruito nel 1634; per quanto modesto l’esterno dell’oratorio, non manca il tema nobilitante di un arco fiancheggiato da due elementi orizzontali così da far intravvedere lo schema di una serliana tanto presente negli ingressi delle ville palladiane. Ai lati della facciata a capanna due ali arretrate ripetono con le finestre a lunetta l'arco centrale.     

 L’unica porta d’ingresso durante il giorno è sempre aperta, una piacevole sorpresa per chi trova nelle nostre città tante chiese sbarrate ed è un invito ad entrare; un minuscolo corridoio conduce in un ambiente ottagonale. Il disegno dell’ottagono appare già al centro del pavimento delineato da lastre di marmo di diverso colore, quattro finestre rotonde ritmano le pareti con le vetrate gialle e blu che disegnano una stella, il soffitto a spicchi forma un elegante padiglione.       

Non ci si aspettava proprio di trovare se pur in miniatura lo spazio centrale così ben proporzionato e ricorda che il numero 8 è per il cristiano l’ottavo giorno della creazione, quello della resurrezione di Cristo che dà inizio ad una nuova era del mondo. I banchi in due file allineati accentuano il ritmo verso la pala ottocentesca che descrive la visione del Santo Simone Stock, nato nel 1165 sulle rive del Tamigi, primo generale dei carmelitani.       

Egli affermò di aver ricevuto dalle mani della Madonna uno scapolare con la promessa dell’eterna salvezza per chi lo avesse indossato nell'ora del trapasso. Lo scapolare era in origine una sopravveste aperta ai lati e senza maniche usata dai benedettini quando lavoravano i campi per non sporcare le vesti ordinarie, poi fu una lunga striscia rettangolare di stoffa pendente sul petto e sulle spalle munita di cappuccio, poi divenne l’abitino ridotto a due rettangoli di stoffa.       Nel dipinto lo scapolare è sulle spalle del santo, l’abitino nelle mani del Bambino, risalta anche un grande mazzo di rose rosse Nel piccolo vano sulla sinistra del corridoio la Pietà (1931) dello scultore Arrigo Minerbi, fa pensare a Michelangelo; non è una replica di una delle pietà del Buonarroti ma una personale dignitosa interpretazione di uno dei temi iconografici più coinvolgenti della iconografia cristiana.             

Chiesa parrocchiale d san Gaetano

Dal rialzo su cui sorge il centro storico di Valdagno conviene ora scendere, attraversare il torrente ed entrare nella cosiddetta Città Sociale in cui la chiesa progettata dell'architetto Francesco Bonfanti già nel 1930 non è mai stata costruita. Le prime messe domenicali per gli abitanti del nuovo quartiere vennero celebrate nel dicembre del 1939 nel salone dell'asilo.       

Nel 1941 venne adattata la palestra già dei Balilla dove fino a quest’anno è continuata una serie di interventi per trasformare l’ambiente in uno spazio sacro. L’architettura sacra contemporanea ha nella diocesi di Vicenza la prima testimonianza nel 1950 con la chiesa di Recoaro Terme, frutto di un concorso nazionale: qui nessun concorso, ma attenta scelta degli artisti più qualificati. Cosi nel 1959 l'ambiente provvisorio ebbe dignità di chiesa parrocchiale. Nel 1962 venne consacrata dal vescovo diocesano, dal 1965 adattata alle norme liturgiche emanate dal Concilio Ecumenico Vaticano.       

L’interno appare come un libro aperto che mostra come viene intesa una chiesa dopo il Concilio e una applicazione esemplare e intelligente di come possono esser accolti gli inviti che dall’8 dicembre del 1965 (messaggio del Concilio) all’11 aprile 1999 (lettera di Papa Giovanni Paolo Il) sono stati rivolti agli artisti. La luce naturale proveniente da sinistra assume modulazioni di ogni colore per le tessere inserite nelle vetrate da Albano Poli nel 1960 ispirate da Mondrian. Sono rettangoli verticali come quinte mobili che il variare della luce naturale accende e spegne col trascorrere delle ore del giorno.       

II santo patrono, Gaetano Thiene di Guido Cremasco, unica statua monumentale, sta sul fondo a sinistra sul podio che divide l'aula dal vano presbiterale e protende le braccia verso l'alto invocante, un atteggiamento che ricorda i suoi appelli per un ritorno alla fraternità presente nelle comunità cristiane della chiesa primitiva e il suo slancio nel sacrificarsi per soccorrere gli appestati a Napoli nel 1547.  Al centro del presbiterio sta l'unico altare della chiesa, mensa del Signore nella quale il popolo di Dio è chiamato a partecipare quando è convocato per la Messa.

Tutta la parete di fondo che chiude il presbiterio di S. Gaetano appare come una gigantesca pala polimaterica che congiunge presente e passato e che proclama nei millenni la gloria di Dio. Sopra uno zoccolo marmoreo emergono in fila serrate le canne dell'organo, Sopra ancora il rivestimento di 47 blocchi di marmo provenienti da ogni parte del mondo forma una salda barriera.

L'artista Albano Poli è tornato dopo trent'anni a San Gaetano e ha scelto e connesso vari blocchi lavorandoli a fiamma per ricavare sulle superfici degli incavi leggeri che da lontano emano una trama figurativa lieve e fortemente espressiva. Si delinea così sopra il prospetto dell’organo una cortina di otto fasce di marmi bianchi a venature grigie con della crepe irregolari, come fosse stata scossa da un terremoto, una parete invalicabile che improvvisamente si squarcia per forza soprannaturale e al di là si profila una porta di legno a doghe verticali che riprende a ritornello la verticalità delle canne dell'organo.

Sui lati dello squarcio due angeli con le lunghe ali diritte rivolte al cielo e due grandi aureole reggono un cartiglio su cui stanno scritte: Amen in verticale e Alleluia in orizzontale.       Amen dalla radice ebraica amam esprime la certezza e la consapevolezza nel credere, l'adesione alla volontà del Padre, Amen è lo stesso Cristo, il testimone fedele e verace, il Principio della creazione di Dio (Apocalisse. 3,14).

Ed è ancora il capitolo 19 dell'Apocalisse che ispira l'Alleluia quando l'apostolo ode la parola Alleluia intonata da un folla immensa nel cielo, ripetuta dai 24 vegliardi adoranti e ripresa dalla voce di un immensa folla simile al fragore di grandi acque il rombo di tuoni possenti. Anche questa è parola ebraica, composta da hllelu (=lodate) e Jah (abbreviazione di Jahveh) così alla fine del secondo millennio dopo Cristo nella chiesa di San Gaetano di Valdagno si annuncia la salvezza.       

(Valdagno 8 settembre 1999, Natività di Maria Santissima)